Recensione: Gli amanti poliglotti di Lina Wolff
Trama
Ellinor ha trentasei anni, frequenta una specie di fight club locale ed è appena uscita da una relazione tormentata. Online conosce Calisto Rondas, un bizzarro e misterioso critico letterario svedese che possiede l’unica copia del manoscritto dell’ultimo libro di Max Lamas, un manoscritto che Ellinor però darà alle fiamme dopo una notte a dir poco movimentata. Lamas è uno scrittore alla deriva, personale e professionale. Ama le lingue straniere e le donne ed è alla ricerca dell’anima gemella, l’amante perfetta, ma come Ellinor non riesce a sfuggire alla propria solitudine. Le sue peregrinazioni letterarie lo porteranno in Italia, dove sedurrà la nonna di Lucrezia Larini Stemmi, giovane e disincantata rampolla di una famiglia aristocratica in rovina e terza voce narrante degli Amanti poliglotti. Il ritratto di Matilde Larini, l’«ultima marchesa italiana», che viene commissionato a Lamas da un noto quotidiano italiano, diventerà un libro che alla fine unirà in modo imprevedibile i destini sconnessi dei personaggi di questo romanzo di Lina Wolff.
Considerazioni:
Un manoscritto bruciato e tre personaggi diversi ma uniti nella disperazione sono al centro dell’originalissimo libro scritto da Lina Wolff. Ellinor, Max e Lucrezia hanno età, origini, condizioni sociali e stili di vita tanto lontani ma sono accumunati da un vivere inquieto e insoddisfatto. Ellinor è una donna con il cuore spezzato, che ha combattuto in un fight club e che pensa di cercare un’anima gemella. Max, è uno scrittore alla ricerca di una storia ma anche della vitalità dell’amore e del sesso. Lucrezia, invece, appartiene ad una famiglia nobile decaduta e la sua vita non è mai veramente partita, rimanendo incastrata nei ricordi dell’infanzia. La loro vita si intreccia in modo casuale. La vicenda si svolge tra la Svezia e l’Italia. Ognuno porta con sé la propria fragilità, il proprio dolore e la propria visione. Il libro è suddiviso in tre parti, che riportano i punti di vista dei personaggi, raccontati in prima persona. Mi colpisce l’estrema coerenza e la resa totale del testo, che non sembra mai artificioso o forzato ma totalmente congruente. Il linguaggio cambia, adattandosi alla provenienza e alla classe sociale della voce narrante, facendosi rozzo e violento, mite e riflessivo, alto e disincantato. Le vicende personali dei tre protagonisti sono perfettamente descritte in una prosa ricca di dettagli che porta il lettore a comprendere la forma mentis di ognuno. Per tutta la durata del libro non si ha idea di come andrà a finire. L’autrice ci inganna, ci tiene sospesi e ci lascia stupefatti pagina dopo pagina, mantenendo una coerenza di insieme unica.