Recensione: Ultramarino di Mariette Navarro
Trama:
Ci sono i vivi, i morti e quelli che vanno per mare. Tutto ha inizio quando i marinai di un cargo in navigazione nell’Atlantico decidono, con l’inaspettato beneplacito della comandante, di concedersi un momento clandestino di libertà: un bagno in mare aperto. Da questa nuotata nasce una strana sensazione di vertigine che cambierà le sorti del viaggio. L’equipaggio, un coro di voci e di volti, e la comandante, che non sembra mai esitare né perdere il controllo, condividono un improvviso disorientamento che impedisce loro di riprendere la rotta. Una misteriosa bruma avvolge la nave e una semplice traversata assume i contorni di un’avventura piena di stranezze e di imprevisti: dopo il bagno è salito sulla nave qualcuno che prima non c’era? La nave sta rivendicando la sua indipendenza? Mariette Navarro ci accompagna con leggerezza e straordinaria forza letteraria in un viaggio oceanico dove una pericolosa crepa si insinua nell’ordine delle cose e il soprannaturale irrompe nella routine.
Considerazioni:
Ultramarino è un libro che ho letto d’un fiato e amato sin dalle prime righe. La sua scrittura seducente, accompagna uno stile alto, con note poetiche che permette di catapultarsi in un altro mondo, senza mai rinunciare alla scorrevolezza. Durante un viaggio su una nave mercantile, l’equipaggio decide di fare uno strappo alle regole e buttarsi in acqua per un bagno. La voglia di libertà e sperimentazione prende il posto della rigidità delle regole e dei tempi di percorrenza. I marinai si lasciano andare al loro istinto e si lanciano in un abbraccio profondo con le onde del mare aperto. Quando risalgono emerge la sensazione e la consapevolezza angosciosa che qualcosa di non spiegabile è accaduto. Con il passare delle ore il dubbio e l’esitazione prendono il comando della nave per poi dipanarsi solo quando viene avvistata la terraferma. L’autrice descrive in maniera romantica e incantata la figura della comandante, che con estrema dedizione, fermezza e armonia si dedica alla sua professione e celebra la vita di mare. La sua è una scelta a tratti alienante e dura ma che ha una bellezza intrinseca nelle difficoltà quotidiane e nella solitudine alla quale ci si condanna, nell’asprezza delle peculiarità climatiche e nella costante tensione verso l’equilibrio tra tecnica, esperienza e improvvisazione. Mariette Navarro rende in maniera impeccabile l’opposizione tra la forza meccanica dello scafo alimentato dal suo potente motore, il rumore assordante e artificiale prodotto dalle sue componenti e la forza cieca e bruta della natura, imprevedibile e schiacciante. Tra le righe riusciamo a cogliere un’attenzione delicata e decisa allo stato delle cose, ai momenti, alle sensazioni. La narrazione si ferma, rallenta e allunga le sue mani sugli istanti da analizzare per descriverli con intensa vitalità, per renderli percepibili come se il tempo si distorcesse in un lungo slow motion. Il tuffo nel mare nero e spaventoso è sintomo di un bisogno di leggerezza fortissimo, e diventa simbolo di rinascita e liberazione. L’equipaggio freme dalla voglia di abbandonare il corpo e la mente, e così i secondi diventano minuti, e ognuno scivola via dalla pesantezza della propria vita, che fiacca e lascia i segni nei loro corpi robusti. Quegli attimi che segnano la discesa dall’immenso mostro metallico, sono attimi che annullano i chilometri di profondità delle acque e che separano gli uomini dalla vertigine che li coglierà nel momento dell’impatto, quando le onde si divertiranno a smuoverli in tutte le direzioni. Cogliamo poi, la forza che spinge a prendere la via del mare. Il senso di claustrofobia che la terraferma fa provare, che intrappola e spaventa, e il dubbio della monotonia di una vita sempre uguale e rassicurante che si oppone all’imprevedibilità del viaggio, irto di pericoli e carico di punti interrogativi. La comandante e ogni membro dell’equipaggio vivono gli stessi momenti fino al tuffo, che li estrae dalla realtà percepibile per trasportarli verso mondi paralleli. I sensi appaiono distorti e la comunicazione si interrompe. Per tutta la narrazione compare un numero dispari che anima il racconto. Scuote e sembra nascondere qualcosa, forse un errore o forse qualcuno è salito a bordo. Questo numero dà adito alla brama di dare una spiegazione razionale e riportare tutto nel campo del noto, ma anche alla voglia irrefrenabile di lasciarsi andare alle fantasticherie. La fiducia si incrina, e il sospetto, il dubbio e il mistero la fanno da padrone. La nave ha preso vita? Colgo con entusiasmo la forza di questo libro, l’idea di un viaggio senza punti di riferimento, avventuroso come l’immersione nell’incoscienza primordiale, dove la razionalità lascia il posto al sentimento e la certezza abbraccia il dubbio. Consiglio la lettura a tutti coloro che ancora vogliono perdersi tra le righe di un racconto e immergersi in una storia seducente.
Ringrazio di cuore La Nuova Frontiera per l’opportunità di leggere questo libro, per la copia cartacea e per questa prima collaborazione con loro.