Intervista all’autrice del romanzo “Il Terzo Uomo”.
Con questa magnifica intervista diamo il via alla rubrica “Gli Emergenti”. Abbiamo voluto fortemente come prima autrice Jennifer Di Giovine che ci parlerà del suo romanzo “Il Terzo Uomo”.
Buongiorno Jennifer, che ne diresti di presentarti al pubblico che ancora non ti conosce? Parlaci un pò di te.
“Io sono due: quello che vive e quello che scrive, e il primo vive solo perché l’altro scriva. Senza primo, il secondo non avrebbe materia; senza il secondo, il primo non avrebbe scopo”.
Mi sono sempre nascosta dietro a questa citazione davanti alla domanda “Parlaci di te”, semplificando e un po’ rifuggendo da me stessa. Mi piaceva molto questa sorta di ermetismo invalicabile – un po’ ci sguazzavo, lo confesso – ma sono cambiata e sto facendo un particolare lavoro su me stessa. Mi ero fatta una promessa e la rispetterò, per quel che mi riesce.
Potrei definirmi tre, un numero che amo particolarmente poiché rispecchia l’essenza di quella trinità – mente, spirito e anima – che risiede in ognuno di noi. Quindi oggi, per un solo un momento, sarò tre.
Jennifer scrittrice non è altro che una ricercatrice della propria verità personale, una ricercatrice assetata di una conoscenza che prescinde il tempo al fine di provare a identificare il perché del nostro essere, della nostra esistenza e che non fa altro che cristallizzare una realtà insondabile nell’unico modo in cui le riesce possibile. Scrivere.
Per quanto riguarda Jennifer persona, si può definire molto introversa, spesso solitaria ma non per questo distante. Diciamo che tengo particolarmente a quel piccolo angolo di mondo tutto mio poiché su di me ha un potere curativo.
Sono appassionata di esoterismo, mondo antico e storia alternativa.
Adoro stare immersa nella natura e ascoltare, soprattutto ascoltare. Mi potresti trovare tranquillamente al parco con la testa rivolta al cielo e l’orecchio sintonizzato al suono delle foglie che giocano nel vento. Sono nata il 27 aprile, nel culmine della stagione della pienezza e della stabilità. Il mio segno zodiacale è il Toro e il mio elemento è la Terra. Come le piante, il segno del Toro si caratterizza per la sua necessità di affondare le proprie radici nel terreno. E trovo tanti modi, fisici e non, per affondare le mie radici nel terreno di questa realtà e sondare le vibrazioni silenziose che spesso non riusciamo a cogliere e lasciamo semplicemente scorrere.
Amo cantare, la musica rock e la mia mente è rimasta negli anni ’90.
E c’è infine una Jennifer dalla difficile definizione, quella che ha promesso a sé stessa di cambiare e che non si sente altro che un microscopico frammento di questo spazio-tempo ma parte di una grande comunione universale. Ci credo davvero a questo, con una fede priva di ogni religiosità ma con tutto il mio essere.
Quando è nata la passione per la scrittura?
Credo di aver avvertito da sempre la necessità di scrivere per tirare fuori la coscienza e manifestarla in forma materiale; nel tempo è diventato semplicemente un bisogno sempre più consapevole.
Parlando del tuo romanzo, “Il Terzo Uomo”: ci descriveresti la trama?
“Il terzo uomo” si sviluppa come un emozionante dialogo tra Diamante e il bambino che sta perdendo a seguito di un aborto spontaneo: il dolore intenso per il trauma subito condurrà la protagonista attraverso sfumature inaspettate che alcuni potrebbero ravvisare nella spiritualità, altri nella straordinarietà di quello che si nasconde in ciò che non conosciamo di questo universo immenso attingendo dal cosiddetto modo sottile – che per me rappresenta tutto ciò che è percepibile ma che va oltre i sensi e la razionalità.
Nell’affrontare il suo dolore interiore, Diamante si ritroverà a incontrare una figura misteriosa (il terzo uomo, appunto) che l’accompagnerà lungo una discesa ripida permettendole di riscoprire delle connessioni uniche con qualcosa di più profondo e che immerge le proprie radici nell’insondabile meraviglia della nostra realtà.
“Il terzo uomo” rappresenta, infatti, un complicato viaggio psicologico che parte da episodi di vita quotidiana che ognuno di noi può trovarsi a vivere sulla propria pelle fino ad arrivare a quella sottile regione in cui rientrano tutti quegli eventi che percepiamo come miracolosi, non in senso strettamente religioso, e che si manifestano grazie all’elemento divino presente in ogni uomo che per me (decontestualizzando forse solo in parte, Hillman) corrisponde al codice dell’anima.
Che cosa vuole significare il titolo?
Il titolo fa riferimento a un particolare fenomeno piscologico definito terzo uomo per il quale, in condizioni di estrema resistenza al limite della morte, verrebbe avvertita accanto a sé la stretta presenza di un’ulteriore entità fisica o immateriale.
Molti autori relegano questo evento a una vera e propria esperienza metafisica come può essere l’incontro con un angelo custode – si parla qui di un vero e proprio intervento divino – mentre la scienza parla di un processo mentale (e quindi illusorio) che si innescherebbe sull’orlo della morte dovuto a presunti segnali elettrici inviati dal cervello.
L’unica cosa certa è che avviene all’improvviso, viene percepito in modo diverso da una semplice allucinazione e sovente coloro che l’hanno sperimentato parlano di un particolare effetto benefico. Le condizioni essenziali affinché si manifesti sono la paura, lo shock e lo stress.
Altri autori parlano di un residuo psichico ancestrale denominato mente bicamerale.
Secondo questa teoria, fino a tremila anni fa le menti umane funzionavano in modo diverso rispetto a oggi. Basandosi sulle strutture narrative della letteratura antica, i ricercatori hanno ipotizzato che qualche millennio fa la nostra intelligenza fosse suddivisa in due metà e che la persona ne potesse controllare soltanto una. La metà occulta avrebbe comunicato con l’Io tramite voci nella testa le quali suscitavano l’impressione di non essere soli. Per la scienza la mente bicamerale è una forma di schizofrenia e con il tempo, il progresso e l’interazione sociale la mente si sarebbe unificata. L’organo celebrale sarebbe rimasto invariato ma la mente si sarebbe evoluta.
Ovviamente di tutta questa specificità scientifica all’interno del romanzo non ne parlo; lascio semplicemente nella trama l’indizio di un’esperienza metafisica e faccio scorrere la narrazione da sola, attraverso il dialogo tra la protagonista e il bambino che sta perdendo mentre avviene il tempo della storia permettendo al lettore di attribuire un’interpretazione a una figura che, in un modo o nell’altro, diventa lo strumento con cui anima – o mano invisibile di qualcosa di superiore – si manifesta al singolo nelle situazioni più improbabili.
Mi piace definire “Il terzo uomo” una moneta che, lanciata per aria, non avrà una vera definizione fino a quando non cadrà nelle mani del lettore mostrando la faccia che egli ha deciso di manifestare sulla base della propria coscienza ed esperienza di vita.
Che cosa ti ha spinto a scrivere ” Il Terzo Uomo”?
“Il terzo uomo” è un testo totalmente personale ma non come potrebbe sembrare a primo impatto. Io non sono Diamante, io sono il terzo uomo.
Ho scritto questo libro per dire una cosa importante a una persona a me molto cara.
È basata su un’esperienza realmente accaduta?
In parte sì – o forse la mia coscienza mi suggerisce di dire che lo è completamente ma in modi che io stessa ancora non conosco.
Che messaggio volevi trasmettere ai lettori?
La vita è fatta di cose meravigliose, invisibili e spesso impercettibili ma che magari ci capita di poter scorgere, un giorno qualsiasi che si trasforma nel giorno del nostro miracolo personale, lungo una strada che dà su una scogliera *in riferimento al romanzo.
Ma il messaggio più importante, l’unico vero messaggio è quello che potete trovare a pagina 31: “Siamo fatti di una sola, unica essenza”.
Quanto è stato difficile scrivere questo libro? Avevi una storia in mente o è venuto da sé, con il tempo?
Ho scritto “Il terzo uomo” in un solo mese – data anche la brevità dello stesso di cui non mi pento affatto poiché essendo un lungo monologo interiore, qualsiasi abbellimento narrativo non avrebbe ottenuto altro risultato che il perdere parte della delicatezza del romanzo. Ma nonostante ciò, scrivere questo libro è stato per me molto complesso a livello emotivo: ho pianto a ogni singola lettura e correzione.
Hai pubblicato con BookABook, perché hai scelto loro come casa editrice?
Potrei dire che ho fatto diversa esperienza prima di incontrare bookabook sul mio cammino – esperienza di cui un giorno magari parlerò – e che ho valutato e provato diverse opzioni, compreso il pubblicare in self. La verità è che nell’istante in cui i miei occhi si sono soffermati sulla scheda della casa editrice, ho avvertito dentro di me una voce che mi ha silenziosamente gridato che sarebbe stata la strada giusta.
I social ti hanno aiutato nella promozione del tuo libro?
Assolutamente sì, sono stati essenziali prima, dopo e durante. Considera che bookabook lavora in crowdfunding e per arrivare alla pubblicazione ho dovuto raggiungere almeno duecento copie come sostegno da parte di potenziali e futuri lettori che è quanto un esordiente dovrebbe riuscire a vendere nell’arco di un intero anno. Noi autori abbiamo dovuto fare di più, in pochissimo tempo e quindi trovando un modo immediato per arrivare al pubblico.
Hai in mente di scrivere un nuovo romanzo? Se sì ci puoi anticipare qualcosa?
Posso solo dire che sono in fase creativa proprio in questo momento, sono giorni che ne sento il bisogno. E aggiungo che, se verrà come lo immagino, mi permetterà di manifestare al 100% la mia vera essenza.
Che progetti hai per il futuro?
Far diventare quello che scrive e quello che vive un’entità univoca.
Come ultima domanda, cosa consiglieresti ad un giovane autore per avere qualche possibilità di riuscita nell’impresa di pubblicare il suo romanzo d’esordio? Come superare le proprie paure e l’ansia nell’inviare il manoscritto alle case editrici, aspettandosi magari un no come risposta?
Di partire con la consapevolezza che ci saranno milioni di no che dovrai a – a ogni costo e dopo tanto lavoro interiore – ignorare quei no e avere una fede assoluta, indistruttibile. Se lungo il cammino arriverai alla consapevolezza che scrivere è parte dell’esperienza che hai richiamato te stesso a fare, succederà prima o poi. Si aprirà quella finestra; di questo sono certa.
Noi possiamo essere i creatori del nostro miracolo personale.
Ti ringraziamo Jennifer per aver partecipato alla rubrica “Gli Emergenti”. Ricordo ai lettori che troverete la recensione del “Il Terzo Uomo” nella sezione apposita e anche su Instagram, vi aspettiamo! Se avete delle domande per l’autrice scrivetelo pure nei commenti! Alla prossima intervista.
Recapiti social Jennifer Di Giovine:
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link libro: Bookabook
Grazie di cuore per la bellissima opportunità e il sostegno che sempre mi regali. Sono felicissima! ❤️